La beffa del remote working “Meno promozioni”
Il dibattito sul lavoro da remoto continua a essere oggetto di analisi e discussioni, soprattutto alla luce dei recenti dati presentati dal Wall Street Journal. Secondo l’indagine condotta da Live Data Technologies su 2 milioni di lavoratori impiegatizi, i dipendenti che lavorano da casa sono stati promossi con una frequenza inferiore del 31% rispetto a coloro che lavorano in ufficio, a tempo pieno o in modalità ibrida.
Questo dato solleva il sospetto che esista una sorta di discriminazione nei confronti dei lavoratori da remoto, suggerendo che a stare lontani dal cuore dell’organizzazione aziendale si finisca in una sorta di cono d’ombra. Inoltre, l’indagine evidenzia una maggiore distanza in termini di “tutoraggio” e una disparità di trattamento nei confronti delle donne che lavorano da casa.
Secondo l’economista Nick Bloom, questa tendenza può essere definita come un “pregiudizio di prossimità” o addirittura discriminazione. Inoltre, i manager intervistati sembrano confermare questa preferenza, affermando che la promozione e l’assegnazione di incarichi di maggior prestigio ricadono maggiormente sui dipendenti che lavorano in ufficio.
Tuttavia, non è tutto negativo per i lavoratori da remoto. Secondo il professor Bloom, non sembrano esserci differenze significative tra la modalità di lavoro in presenza e quella ibrida. Tuttavia, la beffa risiede nel fatto che il tempo guadagnato lavorando da casa si traduce in una minore possibilità di promozione e di aumento di stipendio.
È interessante notare che questa discussione sull’efficacia del lavoro da remoto non è limitata agli Stati Uniti. Anche in Italia, sempre più aziende stanno valutando i pro e i contro di questa modalità di lavoro, specialmente alla luce della pandemia e dei cambiamenti nel modo di concepire il lavoro.
In definitiva, l’analisi dei dati presentati dal Wall Street Journal solleva importanti questioni sull’equità e l’efficacia del lavoro da remoto. È evidente che ancora c’è molto da discutere e da capire riguardo a questa modalità di lavoro, specialmente per garantire pari opportunità e una valutazione equa del contributo dei dipendenti, indipendentemente dalla loro presenza fisica in ufficio.
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