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Ridurre disuguaglianze in Europa necessità

Il Patto di stabilità dell’Unione europea: un bilancio degli accordi

Le sfide dell’Unione europea: convergenze e disparità tra Paesi membri

In questi ultimi giorni del 2023 si è concretizzato un risultato di grande importanza per il futuro economico dell’Unione europea, cioè l’accordo tra i 27 Paesi sul nuovo Patto di stabilità, che descrive i “binari finanziari” entro i quali devono muoversi, negli anni a venire, le politiche economiche e di bilancio dei diversi Stati. Come era facile immaginare, l’iter che ha portato a sottoscrivere l’intesa è stato alquanto “tormentato”.

E tale circostanza apre ad alcune riflessioni sulle non sempre convergenti esigenze dei Paesi membri e sui loro differenti interessi, in particolare in questo periodo di vigilia delle elezioni del Parlamento europeo.
Dunque, come accadeva in precedenza, il nuovo Patto di stabilità indirizzerà le economie della Ue mediante l’impiego di determinati parametri quantitativi, ma con la novità che nel periodo iniziale sarà riconosciuta ai Paesi più indebitati una maggiore flessibilità per la fase di riallineamento. Infatti, appare immediato rilevare come il check-up per la verifica del buon andamento della finanza pubblica dei Paesi Ue certifichi situazioni non scarsamente differenziate: iniziamo con l’inflazione – che riflette il potere d’acquisto dei cittadini europei – e osservando i dati, registriamo come, a fronte di una media Ue del 3,1% (novembre 2023, fonte Eurostat), siano presenti notevoli differenze che vanno dallo 0,3% della Danimarca (il Belgio si trova addirittura in deflazione, meno 0,8%) fino a raggiungere il 7-8% deli Paesi dell’est europeo (Repubblica Ceca e Ungheria, soprattutto); questo divario determina un diverso atteggiamento delle famiglie verso i consumi con ricadute non indifferenti sulla produzione ed erogazione di beni e servizi. Se spostiamo l’attenzione sugli aspetti caratterizzanti la finanza pubblica, notiamo, ad esempio, come lo scorso anno l’indebitamento netto – ovvero, il disavanzo delle pubbliche Amministrazioni – abbia mostrato una “forbice” molto ampia, con una media Ue del 3,3% (rispetto al Pil, fonte Bankitalia), un minimo di 0,1% nei Paesi Bassi e un massimo dell’8% in Italia (sono in avanzo netto Paesi come la Danimarca, la Svezia e l’Irlanda); a tale situazione si associa quella relativa al debito pubblico che mostra una graduatoria altrettanto larga (Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e Irlanda con valori inferiori al 50%, – sempre rispetto al Pil – mentre la Grecia supera il 170%, con media Ue inferiore al 90%).

Disparità nel mercato del lavoro e misure necessarie

Naturalmente le disparità non si esauriscono con gli aspetti di finanza pubblica, seppure molto impattanti; sono presenti, infatti, nei Paesi Ue profonde disuguaglianze nel mercato del lavoro a sfavore di donne e giovani, ci sono evidenti disparità tra le famiglie in termini di reddito a disposizione, solo per introdurre altri fondamentali aspetti del vivere quotidiano. Anche in questi casi bastano pochi dati per testimoniarlo: il tasso di disoccupazione giovanile è nella media Ue pari al 15% circa, con la Germania al 6% e la Spagna al 28%; anche l’occupazione femminile mostra un intervallo di valori piuttosto dilatato (media Ue di poco superiore al 6%, con Germania, Polonia e Malta sotto al 3% e Spagna e Grecia sopra il 13%), oltre a registrare un netto ritardo rispetto a quella maschile. I redditi delle famiglie (limitandoci a quelli da lavoro dipendente) variano anch’essi in modo significativo (la Ue dedica in media a tale aggregato circa il 47% del Pil, con la Francia vicina al 53% e la Grecia sotto il 35%).

Le divergenze nell’approccio alla politica economica

La verità è che non c’è concordanza di impostazione tra gli Stati: per alcuni, infatti, basta definire dei target comuni e poi lasciare a ciascun Paese la possibilità di individuare mezzi e modalità per raggiungerli; viceversa, per altri la Ue deve munirsi di strumenti universali in grado di assistere i Paesi lungo il percorso volto al raggiungimento di obiettivi pattuiti. L’Europa dovrebbe guardare ai tanti problemi urgenti con identità di vedute e con una prospettiva di lungo periodo, così come fatto con il Recovery Fund.

Un’ultima riflessione la vogliamo dedicare al nostro Paese e agli sforzi compiuti quest’anno per “avvicinarsi” alle migliori performance europee. È sufficiente indicare come l’indebitamento si sia ridotto quest’anno a poco più del 5%, il debito pubblico è sceso a meno del 140% dal 142%, la disoccupazione giovanile è diminuita di quasi 2 punti percentuali nel terzo trimestre 2023 sul 2022 e l’occupazione femminile è aumentata dal 50% al 53%. Insomma, nonostante talune critiche più o meno velate, il governo sta lavorando nella giusta direzione (lo documenta Piazza Affari in forte rialzo, lo spread ai minimi livelli ed un confortante clima di fiducia delle famiglie e delle imprese), dimostrando, così, di occuparsi dei problemi più impellenti con tangibile efficacia.

– Patto di stabilità
– Politiche economiche
– Bilancio dei Paesi Ue


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